Home Interviste Sgrò, “In differita” è il suo singolo d’esordio: “La solitudine? Oggi non è più essere abbandonati, è abbandonarsi a qualcosa, trovare una sedia”

Sgrò, “In differita” è il suo singolo d’esordio: “La solitudine? Oggi non è più essere abbandonati, è abbandonarsi a qualcosa, trovare una sedia”

Sgrò,intervista al cantautore: il suo singolo d’esordio è In differita

pubblicato 22 Aprile 2020 aggiornato 27 Agosto 2020 08:25

È online a questo link il video di “In differita” , il brano d’esordio del cantautore toscano Sgrò.

Diretto da Pietro Borzì e animato da Giulia Conoscenti, il video, descrive la parabola della storia di coppia dei due protagonisti, un cowboy e la sua dama. Ecco le parole del cantautore sul pezzo:

«A volte mi sembra che le relazioni siano un modo per coprirsi le spalle ed evitare di percepirsi come esseri unici, in via d’estinzione tuttavia, a un tratto può accadere che la relazione non vada più avanti, diventa così inevitabile ricominciare tutto da capo e ritrovarsi a stare da soli. È di questo preciso momento che provo a parlare in questa canzone».

Inoltre, entrando sul sito ufficiale dell’artista (www.francescosgro.com) è possibile accedere ad un originale mini-gioco: una breve esperienza di love coaching che terminerà con una sorpresa.

Stravagante, onirico, emotivo, SGRÒ si definisce “cantautore domestico” perché è tra le mura di casa che hanno origine le sue ispirazioni, la sua creatività e il suo percorso di scoperta di sé e degli altri. Francesco Sgrò nasce a Lucca. Non avvezzo alla vita sociale, studia pianoforte e chitarra trovando nella musica un’alleata per i suoi problemi di comunicazione. Una volta diplomato, scappa da Lucca per rinchiudersi in una casa di studenti a Bologna, dove studia Lettere Moderne.

Abbiamo chiacchierato con Francesco Sgrò per farci raccontare il suo singolo, il suo trasferimento a Bologna, il passare degli anni e questo momento difficile di lockdown per tutti.

Mi racconti come è nata “In differita”?

Nasce anni fa. Pensa che io sono andato quattro anni fa da un produttore artistico, che ora è anche un mio amico, Andrea, con anche quella canzone, sembra quasi di un’altra epoca vista con gli occhi di oggi. La guardo e la ascolto con tenerezza perché rappresenta un’altra parte di me. La canzone è l’anteprima di qualcosa che finirà. Mi verrebbe voglia oggi di avvicinarmi a quella voce che canta e dirgli “Vai tranquillo che il futuro sarà sicuramente più felice”. Non c’è niente di cui spaventarsi…

In cosa ti senti cambiato da allora a oggi?

Da un punto di vista tecnico, nel mestiere, il mio modo di scrivere, di approcciarmi a una canzone. Se prima il brano era “esprimo quello sento” oggi è “esprimo quello che sento in un modo più comunicabile possibile”. Ho imparato un mestiere in questi anni, quelli erano i miei vent’anni, con l’acqua salata di quel periodo.

Hai un po’ di nostalgia per quel periodo?

Più nostalgia per il mio corpo. Sono più nostalgico del cambiamento del mio corpo ma non tornerei mai indietro, oggi sto bene così…

Mi racconti i lati positivi e negativi della fine di una storia e il diverso modo di approcciarne la fine, tra ieri e oggi?

Se inizialmente era la solitudine del protagonista per una sensazione di abbandono ora è una solitudine positiva verso qualcosa. E’ una solitudine che dà qualcosa. Ricominciare all’epoca era fare entrare il dolore, metabolizzarlo, e tutto quello che ognuno di noi ha conosciuto. Ora, quella parte dell’esperienza del dolore è già alle spalle. Ricominciare da soli, oggi, è aver costruito una solitudine positiva.

Sei definito “Un cantautore domestico”. La solitudine è diventata amica o compagnia?

Sì, la solitudine per me è abbandonarsi a riflettere sulle cose, suonare, è un insieme di cose positive. Non è essere abbandonato da qualcuno ma abbandonarsi a qualcosa, molto più figo. Un passaggio da passivo ad attivo.

Abbandonarsi qualcosa o qualcuno, oggi, cos’è per te?

Trovare una sedia. Fermarmi, interrompere qualcosa. Si finisce in un vortice e abbandonarsi, per me, è trovare una sedia. La cosa più difficile non è tanto scrivere, suonare uno strumento, quanto assumersi la responsabilità di fare qualcosa. Essere responsabile delle azioni che si fanno. Prendermi sul serio, a 25 anni, non era facile…

Immagino anche scrivere una canzone, suonarla, sapendo che sarà ascoltata da qualcuno…

Assolutamente sì, questo è l’altro lato. Mi piace dire che in questi anni ho appreso un mestiere anche per dirmi che sono brani figli del mestiere e non per forza della mia intimità, per non sentirmi costantemente nudo e vulnerabile. Se invece metto questo filtro del lavoro, come il definirmi cantautore domestico, è volutamente ironico, anche per prendermi un po’ in giro. Non posso caricare la canzone di tutto quello che aveva, ora lo sto vivendo come lavoro e c’è una distanza molto più salutare.

Ti sei trasferito a Bologna, mi racconti il passaggio dalla Toscana a Bologna, il mettersi in gioco e quando hai iniziato a capire l’esigenza di scrivere canzoni?

Il mondo è… o parli o vieni parlato. Tutti lo sentiamo. Il mondo è di chi se lo prende. Io, ormai lo posso dire, non avendo avuto un mio spazio di intimità di quando avevo 13-15 anni, mi chiudevo in camera, iniziavo a suonare ad ascoltare musica e mi viene voglia di scrivere. Per trovare un mio spazio e coniugare il verbo parlare in forma attiva e non passiva. Lo stesso motivo mi ha portato ad andare via, a Bologna. E’ stato un grande salto; avevo 19 anni. I primi anni sono stati molto duri… Mi rendo conto che tutti quelli che sono andati via, hanno provato le stesse sensazioni. All’inizio ho incolpato la città in cui ero, il mio stato animo negativo ma, ovviamente, tutto era dentro di me. Uno fa pace, cresce, elabora e poi sta bene.

Progetti futuri? Come stai vivendo questa quarantena?

In calendario ci sarebbe stato un singolo che sarebbe dovuto uscire a fine aprile, inizio maggio. E’ saltato e non so ancora quando uscirà. Per adesso voglio concentrarmi sul pezzo “In differita”. Forse uscirà a luglio il secondo, un altro in autunno. Io fino a un mese fa non esistevo da un punto di vista musicale. Il lockdown l’ho vissuto come un periodo per vivere questa cosa, per metabolizzarla. Oggi, però, dopo più di 40 giorni in casa, inizia ad essere problematico… ogni sera uscivo, avevo bisogno di uscire e vedere le persone…

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