Slayer e Anthrax all’Alcatraz: foto-report del concerto di Milano, Novembre 2015
Il thrash metal che (soprattutto dal vivo) non delude mai: ecco com’è andato lo show di Slayer e Anthrax (e Kvelertak) a Milano.
Il nostro inviato Eugenio Crippa è stato a Milano per la serata di puro thrash metal firmato Slayer e Anthrax: ecco il suo report e le sue foto.
Cosa sono gli Slayer oggi, oltre a una macchina da soldi che smuove migliaia di ascoltatori di svariate generazioni al loro seguito? Una garanzia, indubbiamente, a partire dal fatto che fanno tappa fissa in Italia quasi ogni anno. Nel 2011 fu la volta dei Big4 del thrash metal (i nomi non li diciamo nemmeno), nel 2013 si presentarono all’Alcatraz di Milano con Jason Newsted di supporto e sia lo scorso anno (al Live Club di Trezzo D’Adda) che poche settimane fa (nuovamente all’Alcatraz) ad accompagnarli per l’ennesima volta abbiamo trovato gli Anthrax, altra inarrestabile macchina da headbanging sfrenato.
Al bill si aggiungono a questo giro i norvegesi Kvelertak, un frullato di svariate influenze in ambito rock e metal ad accompagnare un cantato in lingua madre, che è solita esordire sul palco facendo indossare al cantante una specie di maschera a forma di civetta che copre interamente il capo; trattasi della tipica band che più spesso capita di vedere in un piccolo club, salvo poi ritrovarseli in un contesto molto più grosso, a livello di dimensioni e di importanza (successe anche coi compagni di etichetta – la Relapse Records – Baroness, che seguirono in tour nientemeno che i Metallica qualche anno fa).
I tre quarti d’ora di concerto serrato e praticamente senza interruzioni dei nordeuropei, in cui i brani dei loro due album confluiscono l’uno nell’altro, servono unicamente a scaldare i presenti, che lentamente riempiono il locale in ogni angolo durante l’esibizione degli Anthrax. Qui le parole cominciano a diventare superflue: batterista a parte, i restanti quattro musicisti sono delle saette scatenate che corrono in lungo e in largo, ammiccando costantemente al pubblico, e nessuna foto o recensione può rendere giustizia al livello di coinvolgimento generato dalle leggende di fronte a noi. Si segnalano in particolare un nuovo brano – “Evil Twin”, diffuso ufficialmente a fine ottobre in rete e presentato da Scott Ian in italiano come qualcosa che “vi farà cagare sotto” – e un omaggio, sul finire del concerto, a Dimebag Darrell e Ronnie James Dio, i cui volti dipinti compaiono su due grandi teloni a fianco della batteria. L’atmosfera è già bollente, e tra una folla sempre più folta cominciano a scatenarsi i primi ‘crowd surfer’ e ‘pogatori professionisti’, uno dei quali si aggira minaccioso e totalmente noncurante del sangue sul suo volto e delle ferite alla testa.
Ancor più vano è oggi discernere di quel quartetto – così come lo sarebbe per molte altre istituzioni musicali – chiamato Slayer, una band che sta alla musica estrema come, ad esempio, Orson Welles al cinema. Ok, l’abbiamo sparata grossa… oppure no? Lontani dai riflettori di un palco i quattro americani sono solo mangime per le insaziabili e affamate frange da social network, che si cibano di ogni parola che esce dalla bocca di Tom Araya e in particolare di Kerry King per vomitarla poi istantaneamente su internet. La telenovela che ha preceduto l’uscita di “Repentless” lo scorso settembre è sembrata interminabile, tra dichiarazioni riguardanti il contributo postumo del compianto Jeff Hannemann e quello attuale di Gary Holt, capaci di oscurare anche la poco felice e probabilmente forzata dipartita di Dave Lombardo del 2013. Si è parlato tanto anche del fatto che il termine ‘repentless’ sia un neologismo: se questo è passibile di condanna, che ne dovrebbe essere dei Mars Volta, assurdi parolieri tanto funambolici con le parole quanto col pentagramma?
Nel bene e nel male gli Slayer oggi sono prima di tutto un marchio di fabbrica, la Coca-Cola delle bibite, la Volkswagen delle auto, e non c’è scandalo o diatriba che possa ormai scalfire ciò che rappresentano: una garanzia, come si diceva nell’incipit di questo articolo, che presi in mano gli strumenti sa ancora mettere a tacere malelingue e non. L’Alcatraz è ormai completamente imballato, e ci si muove a fatica persino ai lati più estremi del locale, e basta poco perché la musica degli headliner mieta le prime vittime; tra queste, in particolare, un individuo in camicia a scacchi prontamente ricoverato in infermeria proprio mentre i fotografi escono dal pit. Là davanti, le vampate di calore generate dalla pressione degli astanti sono impressionanti, e ancora una volta, fortunatamente, le transenne non cedono contro l’ammassarsi di centinaia di corpi proiettati verso il palco. Un palco sontuoso, con un enorme telone raffigurante il Gesù Cristo sanguinante della copertina di “Repentless” e con quattro grosse croci rovesciate che penzolano dall’alto. Lo stesso Tom Araya inviterà il pubblico ad arretrare ad un certo punto, ancor prima del gran finale, a tutti noto e che tutti, dalle ragazzine urlanti delle prime file ai veterani che staccano oggi l’ennesimo biglietto per i propri idoli, attendono con ansia. “Raining in Blood”, “South of Heaven”, “Angel of Death”, un trittico che non lascia scampo, l’unica risposta possibile alla domanda “ha ancora senso portare in giro per il mondo la violenza trasposta in musica a cinquant’anni suonati?”.
Anthrax setlist:
Caught in a Mosh (Among the Living)
Got the Time (Joe Jackson) (Persistence of Time)
Madhouse (Spreading the Disease)
Antisocial (Trust) (State of Euphoria)
Evil Twin (New song)
Fight ‘Em ‘Til You Can’t (Worship Music)
Indians (Among the Living)
March of the S.O.D. (Stormtroopers of Death)
Hymn 1 (Worship Music)
In the End (Worship Music)
Among the Living (Among the Living)
Slayer setlist:
Delusions of Saviour – Intro (Repentless)
Repentless (Repentless)
Postmortem (Reign in Blood)
Hate Worldwide (World Painted Blood)
Disciple (God Hates Us All)
God Send Death (God Hates Us All)
War Ensemble (Seasons in the Abyss)
When the Stillness Comes (Repentless)
Vices (Repentless)
Mandatory Suicide (South of Heaven)
Chemical Warfare (Haunting the Chapel EP)
Die by the Sword (Show No Mercy)
Black Magic (Show No Mercy)
Implode (Repentless)
Seasons in the Abyss (Seasons in the Abyss)
Hell Awaits (Hell Awaits)
Dead Skin Mask (Seasons in the Abyss)
World Painted Blood (World Painted Blood)
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South of Heaven (South of Heaven)
Raining Blood (Reign in Blood)
Angel of Death (Reign in Blood)