Statuto, Un giorno di festa: “Un bilancio dei 30 anni? I bilanci veri e propri si fanno solo alla fine”
Un bilancio di 30 anni di carriera: “Noi siamo i Mods che suonano, vogliamo far conoscere il nostro stile, le nostre idee, il nostro modo di vivere, le nostre passioni”
Qualche mese fa gli Statuto, storica formazione torinese, hanno pubblicato il loro ultimo disco di inediti, più una cover, “Un giorno di festa”.
La festa è più che giustificata, visto che quest’anno la band, che prende il nome dal luogo di ritrovo per eccellenza dei mods nel 1983 (Piazza Statuto a Torino), compie 30 anni.
Quest’anno festeggiate 30 anni di storia, vi va di fare un bilancio?
I bilanci veri e propri si fanno alla fine e il fatto che non siamo affatto alla fine dopo 30 anni è già un ottimo bilancio. Abbiamo lo stesso entusiasmo mod degli inizi, ci divertiamo ancora di più a suonare la nostra musica e inoltre abbiamo avuto soddisfazioni che mai ci saremmo minimamente immaginati.
Quando e come nasce questo nuovo disco?
E’ fisiologico per un gruppo che ha parecchie cose da dire come noi che vengano pubblicate nuove canzoni periodicamente. L’ultimo nostro disco di inediti è del 2010, son già passati 3 anni e di cose da raccontare e da dire ne avevamo già accumulate abbastanza. In più volevamo celebrare al meglio i nostri 30 anni di attività non con la solita antologia ma con un disco tutto nuovo e col ritorno alla chitarra di Alex Bumba abbiamo composto i brani con estrema fluidità.
Ormai “Un giorno di festa” è già fuori da qualche mese, che tipo di feedback avete avuto?
Appena uscito è entrato in classifica: la crisi discografica ha abbassato le cifre generali, non le nostre che proprio a causa della crisi adesso sono diventate più importanti. Artisticamente non abbiamo sentito né letto alcun commento negativo, solo elogi e noi, molto immodestamente, crediamo sia davvero un bel disco e il migliore della nostra storia.
Come si trova una band come la vostra oggi, nel panorama italiano?
Noi siamo i Mods che suonano e attraverso la nostra musica vogliamo far conoscere a più gente possibile il nostro stile, le nostre idee, il nostro modo di vivere, le nostre passioni. Siamo stati i primi a fare ska, i primi a usare la sezione fiati anche dal vivo nell’ambito del rock italiano. Adesso abbiamo un suono veramente originale, suoniamo sempre anche lo ska, ma è oggettivo che suoni, ritmi e arrangiamenti sono difficilmente collocabili in un genere. A livello discografico siamo pubblicati e distribuiti dalla Sony sull’etichetta del grande musicista e amico Ron (Le foglie e il vento), siamo sicuramente fortunati.
Com’è cambiato il vostro pubblico – se è cambiato (al di là della mera questione anagrafica)?
Ho visto più volte i Madness in Inghilterra e il nostro pubblico è molto simile al loro. Oltre ai Mods, ai Rude Boys e agli skins Original abbiamo un sacco di ragazzini di qualsiasi provenienza estetica che ci seguono, è una gran bella soddisfazione, anche perché le generazioni che ci seguono dagli inizi continuano a farlo regolarmente.
Da qualche anno si parla spesso di Torino come di una ‘casa della cultura’. E’proprio così secondo voi?
Casa della cultura è una definizione sicuramente pretenziosa. Di sicuro Torino è una “capitale di creatività”, lo è sempre stata e credo lo sarà sempre di più. E’ una reazione spontanea e fisiologica a una città feudo degli Agnelli che vorrebbero tutti noi come sudditi e non cittadini. L’alienazione e il ricatto occupazionale della Fiat obbligano chi non ha mai sbassato la testa come noi Mods di piazza Statuto (e tanti altre realtà cittadine) a inventarsi qualcosa di veramente diverso, libero e fuori dai soliti schemi.
Come sono i vostri ‘rapporti’ con Torino oggi? Ricordo il vostro ‘autoesilio’, una decina d’anni fa.
Con la gente di Torino i rapporti son sempre stati eccellenti, noi veniamo dalla strada e viviamo sulla strada. Tutti ci conoscono non perché siamo gli Statuto ma perché siamo i mods che sono in piazza, nei locali, allo stadio in curva e sempre in prima fila nelle lotte sociali. Abbiamo avuto per anni dispute e diatribe con i vertici della cultura/musica torinese, al punto che nel 2004 decidemmo di non suonare più a Torino. Per 7 anni non abbiamo suonato più in città, ma il nostro autoesilio è servito a farci confrontare, chiarire e capire dalle nostre “controparti” con molta più serenità ed ora tutte le questioni sono state risolte e dimenticate e la cosa è per noi molto importante.
Ho visto sulla vostra pagina Facebook un caloroso appello ai fan, affinchè comprino il disco. Oggi quello dei dischi che non si vendono, ancora più di prima, è un enorme problema. Forse più band dovrebbero far passare il messaggio che ‘comprare un disco=dare un futuro alla band’?
Sì, il mercato discografico è stato calpestato dagli scaricamenti illegali e un solo disco in più venduto cambia le sorti del futuro d band come la nostra. La morte della discografia causa però grossi problemi agli artisti esordienti, i quali se non passano dai “talent” non potranno mai usufruire di investimenti da case discografiche come avveniva anni fa. Questo è il vero dramma.