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Vengo a fidarmi di te, Francesco Gabbani: testo e significato della canzone

Testo e significato della canzone “Vengo a fidarmi di te” di Francesco Gabbani, sulla tensione tra caos e speranza, paura e bellezza, individualismo e comunità

3 Gennaio 2025 00:47

In attesa della sua partecipazione al Festival di Sanremo 2025, Francesco Gabbani ha pubblicato un nuovo singolo, “Vengo a fidarmi di te“, disponibile da venerdì 3 gennaio 2025. A seguire potete ascoltare il brano, leggere testo e significato.

CLICCA QUI PER VEDERE IL LYRIC VIDEO DI “VENGO A FIDARMI DI TE” DI FRANCESCO GABBANI.

Il testo di Vengo a fidarmi di te di Francesco Gabbani

Ecco il testo di Vengo a fidarmi di te di Francesco Gabbani.

Quanti anni servono a un bambino perché diventi uomo
Perché impari la quieta e l’abbandono
e quanti passi servono a una strada di vita in processione
perché si faccia meta e direzione

E quante figlie ancora a naufragare per l’amore di un animale
dottrina dei cannibali del cuore
Quanti figli la tua bocca vorace, retorica efficace di guerre fatte in nome della Pace
E quante nuvole nere si contendono il sole
quante canzoni un po’ troppo leggere
ci addormentano il cuore

E in questo silenzio che fa paura che parla tacendo che si consuma
e in questa ricchezza vestita nuda
vengo a fidarmi di te

E acque in futuribili deserti rabdomanti cercano nell’aria un segno, una visione
e urla di folle metropolitane, spacciatori di fame
velo che c’era il vero e la finzione
E clienti di infinita mercanzia, atarassia
mentre si perde nell’anonimo via vai il re dei formicai

E in questo silenzio che fa paura che parla tacendo che si
consuma
e in questa ricchezza vestita nuda vengo a fidarmi di te

Come romantica l’epoca in cui viviamo
Colgo l’orgoglio e il cordoglio d’essere urbano sento nell’aria la canzone che non c’è lì per te
Liberté, Égalité, Fraternité

E in questo silenzio che fa paura
c’è un mare di gente di vita nuda
e in questa bellezza che sporca e pura
vengo a fidarmi di te

Il significato della canzone Vengo a fidarmi di te di Francesco Gabbani

Il brano è una riflessione poetica e intensa sulla condizione umana, il nostro tempo e il bisogno di fiducia e speranza in un mondo complesso e contraddittorio. Attraverso immagini evocative e domande profonde, il testo esplora temi come il passaggio dall’infanzia all’età adulta, l’amore, le disuguaglianze, e la ricerca di senso in un panorama di caos e silenzio.

La canzone inizia con una domanda esistenziale: “Quanti anni servono a un bambino perché diventi uomo, perché impari la quieta e l’abbandono?” Qui si affronta il tema della crescita, che non è solo fisica, ma anche emotiva e spirituale. Diventare adulti implica accettare e comprendere il silenzio, l’abbandono, e il dolore.

Si prosegue con un’immagine dolorosa: “Quante figlie ancora a naufragare per l’amore di un animale“, una denuncia contro gli abusi e le violenze che colpiscono le donne. L’amore è qui descritto come una dottrina cannibale, qualcosa che divora e distrugge, mentre le guerre in nome della pace sono criticate come retorica vuota: “Guerre fatte in nome della Pace”.

Il testo passa poi a una visione globale del mondo, dominata da un’umanità confusa e alienata. “E urla di folle metropolitane, spacciatori di fame” descrive la frenesia delle città moderne, dove tutto è mercificato e la realtà si mescola con la finzione. Anche il re dei formicai – forse un simbolo del potere o dell’individuo in mezzo alla massa – si perde nell’anonimato del “via vai”.

Il finale offre una visione ambivalente dell’epoca attuale: “Come romantica l’epoca in cui viviamo“, in cui l’autore riconosce l’ironia e la complessità del tempo presente, dominato da ideali traditi come “Libertè, egalitè, fraternitè”. Tuttavia, tra le contraddizioni, c’è ancora spazio per bellezza e fiducia: “E in questa bellezza che sporca e pura, vengo a fidarmi di te”.

In sintesi, il testo esplora la tensione tra caos e speranza, paura e bellezza, individualismo e comunità, invitandoci a ritrovare un senso di fiducia e umanità in un mondo spesso disorientante.

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