Voci in silenzio: il processo di uniformazione delle radio
E’ fra gli argomenti più discussi di questi ultimi tempi l’adeguamento ai formati generalisti. Questo il termine utilizzato da numerosi direttori artistici alle prese con la macchina ascolti della radio. Via dall’Fm i programmi storici e soprattutto i conduttori che hanno fatto la radio. Si, è questo il termine più appropriato (“hanno fatto”) perché è
E’ fra gli argomenti più discussi di questi ultimi tempi l’adeguamento ai formati generalisti. Questo il termine utilizzato da numerosi direttori artistici alle prese con la macchina ascolti della radio. Via dall’Fm i programmi storici e soprattutto i conduttori che hanno fatto la radio. Si, è questo il termine più appropriato (“hanno fatto”) perché è proprio grazie al loro contribuito che la radio ancora oggi fa passare contenuti e non solo bla bla bla e fiumi di parole inutili a fare da contorno alla musica.
Recentemente si è scritto su Radio 105 e la decisione di chiudere lo Zoo . Non sono qui a discutere sulla bellezza del programma ma le rivoluzioni che spesso siamo abituati a subire per l’imperativo Audiradio. Ricordo il mio incontro con una delle figure che maggiormente apprezzo nella scena radiofonica italiana. Sergio Mancinelli è stato dj, conduttore e voce storica di “Disco Ring” ed “Area protetta”. Adesso è confinato nel web, quasi in esilio, per esigenze di adeguamento al format. Lo stesso è accaduto a Gegè Telesforo, cultore di jazz e produttore della scena. Non si può concepire una radio generalista senza dare spazio anche a chi non è più ragazzino e magari vorrebbe ascoltare la memoria storica e competente della radio e tutta la musica che dà valore alla nostra quotidianità?
Perché diciamola così com’è: la musica è come la fotografia, cattura istanti della nostra vita. E allora per soddisfare questa esigenza perché oggi dobbiamo confinarci tutti nel web?