Who the F*ck is That Guy? – la recensione del documentario su Michael Alago
Un 21enne portoricano gay residente a New York, che passò dal fare l’usciere in un club al mettere sotto contratto i Metallica: ecco il fantastico viaggio di Michael Alago
Nell’industria musicale, A&R (in inglese Artists and Repertoire, “artisti e repertorio”) indica il responsabile della scoperta di nuovi artisti da mettere sotto contratto. In pratica, il lavoro di chi si occupa di A&R è quello di ascoltare tantissima musica, andare a tanti concerti, e valutare chi sarebbe meritevole di essere contattato.
Ai giorni nostri questa figura professionale ha perso valore (al di là degli investimenti ormai nulli nello sviluppo degli artisti, si è anche scoperto che è più comodo guardare un reality show da casa, o controllare su YouTube chi fa più visualizzazioni), ma immaginate che lavoro da sogno doveva essere negli anni Ottanta, quando le case discografiche navigavano nell’oro, e quando c’erano in giro band con le palle. Band metal, in particolare.
Questo documentario narra la storia di Michael Alago, descritto perfettamente nelle parole di Phil Anselmo: “Un 21enne portoricano gay residente a New York, che mise sotto contratto i Metallica”. Mise sotto contratto molte altre band (Metal Church, White Zombie, xxx), ma ovviamente portare i Metallica alla Elektra, facendole produrre Master Of Puppets, fu il suo colpo di genio, ottenuto come ottenne tutto: con l’entusiasmo, con la passione di chi va a sudare e ubriacarsi agli show, con la lungimiranza di chi comprende i trend musicali.
La storia di Michael è affascinante, e fa sognare tutti noi che: 1 – non l’abbiamo vissuta 2 – non potremo mai viverla 3 – non viviamo in quegli anni, visto che una storia del genere non sarebbe possibile oggi.
Da spettatore minorenne di 2-3 concerti a sera nella scena di New York, a assistente al manager di uno dei locali più in vista, a addetto alla programmazione del locale, a A&R per la Elektra Records, ad amico dei Metallica, a figura leggendaria del music business. Il tutto grazie alla sua costante presenza agli show, aiutata dal possesso di una macchina fotografica: ognuno voleva farsi fare una foto-ricordo, e lui otteneva gli indirizzi di casa dei musicisti promettendo di mandargli la foto. Quei contatti gli sarebbero stati utili, e al contempo Michal ha messo da parte una collezione incredibile di foto con artisti emergenti dell’epoca: David Lee Roth, Bruce Springsteen, Sid Vicious… inutile andare avanti, perchè si parla di centinaia di musicisti, con i quali ha prima stretto rapporti da fan, poi di amicizia, e poi di lavoro.
Basta vedere i nomi coinvolti nelle interviste del documentario: Phil Anselmo, Cyndi Lauper, Kirk Hammett, James Hetfield, Lars Ulrich, Rob Zombie, Johnny Rotten, Jason Newsted, Doyle Wolfgang Von Frankenstein, e tanti altri decisamente affezionati ad Alago per ciò che ha fatto per loro.
Ammettiamolo: questo documentario è in realtà una clamorosa auto-fellatio di Alago verso sè stesso e la sua storia – è stato finanziato tramite un kickstarter, è presentato da lui, i musicisti sono stati chiamati da lui, e non ci sono altre opinioni esterne. Michael racconta la sua storia, a quanto pare solo costellata da lati positivi (compresa l’omosessualità pre-HIV, tempi nei quali bastava rispondere ad un telefono pubblico per finire a letto con uno sconosciuto). Ma è una storia che decisamente vale la pena di essere raccontata, ed il documentario fila veloce, divertente, e pieno di invidia e ammirazione da parte di chi guarda.
Visione consigliata – dovrebbe essere disponibile anche sottotitolato su Netflix, quindi non ci sono scuse.
Qui sopra trovate il trailer, e per un approfondimento c’è anche la lunga ed amichevole intervista con Chris Jericho, sul podcast Talk Is Jericho.